Ritrovarci a ragionare sulle cose, entro spazi di relazione buoni e quasi dimenticati. Dove una volta si cresceva insieme, come uomini e come comunità.
Ecco perché abbiamo fondato DallaStessaParte e perché abbiamo organizzato gli incontri del Cineforum.
Venerdì 14 luglio abbiamo visto “Non è un caso. Moro”, appassionante docufilm del regista Tommaso Minniti, tratto dall’inchiesta di Paolo Cucchiarelli.
Dal dibattito che ha seguito la proiezione è emersa una questione interessante, relativa al processo di costruzione e maturazione della “verità”.
Nel lavoro psicoterapeutico, una parte significativa del lavoro che facciamo con il paziente è quello di ripercorrere la propria storia personale, familiare, e dei contesti in cui essa si colloca, e disporci in un atteggiamento di riscrittura e di nuova significazione degli eventi.
Gli eventi “storici”, lungi dall’essere “dati”, sono eventi interpretati alla luce dei codici di significazione che possediamo al momento del loro darsi. Ecco, ad esempio, perché un bambino che resta solo davanti alla scuola per un ritardo o una dimenticanza di un genitore oberato di impegni, può ricordare vividamente l’episodio con un drammatico vissuto di abbandono, magari associandolo alla rivalità con un fratellino più piccolo.
Essenziale è, dunque, nel lavoro terapeutico con l’adulto, la ricostruzione dei significati, in una visione rinnovata, possibilmente meno ingenua, meno infantile, meno egocentrica, in un quadro più ricco e complesso, risultante non solo dalla integrazione di elementi nuovi o compresi solo successivamente, ma soprattutto da un’assunzione di responsabilità più matura nei confronti delle cose che sono e che sono state.
Da questa sapienza professionale è emersa, visibile, la necessità che come Italiani, come cittadini, come membri di una comunità, ci assumiamo la responsabilità di ripercorrere gli eventi significativi della nostra Storia.
In termini meno ingenui, appunto, meno passivi, alla ricerca di una conoscenza che non sia superficiale ma capita in profondità.
E rispetto all’informazione mediatica e alle “verità” tutte, ufficiali o ufficiose che siano: al “cittadino adulto”, cui idealmente vogliamo assomigliare, non può bastare una narrazione anche se proveniente da una fonte istituzionale, anche autorevole. Dovrà comunque fare la fatica di trovare un suo cammino di significazione ponderata e approfondita.
Allo stesso modo in cui la “verità” di un genitore può essere accettata acriticamente da un figlio bambino, ma non da un figlio adulto, che dovrà svilupparne una propria. E magari integrarla, quando possibile, alle visioni degli altri.
Una piacevole serata, dunque, col sapore delle vecchie proiezioni all’arena della villeggiatura estiva, è stata occasione per rinnovare il senso del partecipare di ognuno di noi alla storia civile e sociale che ci appartiene ed ancora influenza le nostre vite.
Poiché la domanda che resta aperta è: perché, a distanza di 45 anni, ancora non è possibile mettere sul tavolo del discorso pubblico le complesse verità del “caso” Moro? Non può essere un caso, suggerisce il titolo di Minniti. E per trovare la vostra personale posizione su questo evento, tra i più significativi della storia d’Italia, vi invitiamo a guardare il film (acquistabile qui), opera peraltro godibilissima anche dal punto di vista filmico, musicale e umano.